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Recensione: Ata Kak “Obaa Sima” (Awesome Tapes from Africa)

 

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Dietro questo bel disco, riportato alla luce dopo un oblio di vent’anni, c’è una bellissima storia. Eccola. Un musicista africano originario del Ghana emigrato in Canada, dopo essersi dedicato al reggae e all’hip hop, decide di dar vita a un progetto solista, che registra in maniera “domestica” e che pubblica nel suo paese d’origine con una modestissima tiratura (una cinquantina di copie).

Quasi vent’anni dopo, un giovane appassionato di musica africana in viaggio in Ghana, scopre questa cassetta in un qualche mercatino, se ne appassiona, e una volta tornato in America dà vita a un blog (“Awesome tapes from Africa”), sul quale pubblica in formato digitale questa e altre misconosciute cassettine di musica contemporanea africana reperite nel corso dei suoi viaggi.

In particolare, proprio “Obaa Sima”, di Ata Kak (questo il nom de guerre di quel musicista del Ghana), diventa una piccola hit “underground”, in forza del suo groove elettronico sincopato e graffiante e il rapping sfrenato e un po’ fuori fase dell’autore. Il titolare del blog avvia allora una ricerca disperata per scovare Ata Kak in persona (che nel frattempo si era dedicato a tutt’altro nella vita), allo scopo di ottenere il permesso per ripubblicare quell’album perduto su cd ed lp.

Alla fine ce la fa, e questo originalissimo disco fatto in casa, con basi afro-funk-dance-elettroniche di seconda mano, diventa un classico istantaneo della “world music”.

Ata Kak, dal canto suo, ormai aveva dimenticato quell’esperimento musicale stampato in 50 copie, e adesso si ritrova con un disco vero, una platea di fans e persino magliette e gadgets con la sua faccia e la copertina del disco. Che inizialmente era una cassettina sperduta e che adesso è uno dei dischi dell’anno.

Almeno per chi scrive.

(Articolo apparso su RastaSnob n.182 Inverno 2015-16)


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