Musica, libri, cinema e fumetti: l'angolo del giornalista Walter De Stradis – rastawalter@gmail.com

Moni Ovadia innamorato dell’arpa portativa di VIGGIANO

moniMoni Ovadia, 70 anni, attore, cantante, musicista, drammaturgo, scrittore e opinionista, è uno dei massimi esponenti italiani di cultura yiddish, per sua stessa definizione interprete del “vagabondaggio culturale e reale” proprio del popolo ebraico, nonché volto noto anche dei dibattiti televisivi. Autore di saggi, pieces teatrali, nonché esponente storico della “world music” (sin dai tempi del Gruppo Folk Internazionale) e della musica klezmer, è stata intervistato da Walter De Stradis, nel corso de “I Viaggi di Gulliver”, per il programma radiofonico dedicato alla world music, che va in onda su Radio Potenza Centrale ogni lunedì dalle 21 in poi.

Nel corso dell’intervista, il maestro Ovadia ha spiegato la natura della musica Klezmer, definendola innanzitutto come una “soul music”, poiché incarna l’anima musicale e anche l’interiorità di un popolo che è in questo caso è quello dello “yiddish”, dell’esilio. Ma ha aggiunto che è anche una “world music” perché raccoglie sensibilità, strutture musicali, timbriche, ritmiche di un vasto arco che copre l’impero zarista e austro-ungarico; un filo rosso del canto sinagogale che gli dà un’atmosfera particolare. Ovadia e i suoi musicisti, la reinterpretano alla loro maniera, essendo una musica di strada, e avvalendosi anche di strumentisti rom.

A proposito del famoso libro da lui pubblicato anni fa, “L’ebreo che ride”, Ovadia ha spiegato che quello yiddish è una particolare forma di umorismo, che non è satira, ma che ha lo scopo di far pensare e di sconfiggere le tenebre della violenza, del pregiudizio, attraverso un bagliore di luce paradossale. Il Maestro ha quindi definito l’umorismo yiddish “critica della ragion paradossale”. Spostando i piani dell’evidenza, “L’ebreo che ride” mostra che c’è una contraddizione e che c’è del ridicolo in tutte le forme di violenza e di pregiudizio. Quindi da questo punto di vista, svolge una funzione formidabile per aiutare a vivere e affrontare i momenti più tragici.

Sul fronte teatrale, lo spettacolo più conosciuto di Moni Ovadia è Oylem Goylem, di cui esiste anche una versione a fumetti, opera di Vincenzo Montella (“un mio grande amico”) e pubblicata da Coconino Press. Lo spettacolo, come ha spiegato in radio Ovadia, ha avuto un successo stupefacente anche in giro per il mondo, in Spagna, in Grecia, in Argentina, in Germania, in Polonia; questo perché con strumenti molto semplici che sono la narrazione, il racconto umoristico, la musica, il canto e anche qualche momento di riflessione letteraria, rappresenta un momento di riflessione mistica molto tragica e riesce a raccontare un’intera epopea. Ovadia ha raccontato le origini dello spettacolo, nato anche grazie al fatto di avere incontrato un giorno, più di trentacinque anni fa, una piccola sinagoga chassidica, cioè di ebrei ortodossi del centro–est Europa, che gli hanno affidato i loro racconti.

A fine intervista, inoltre, è emerso un particolare legame fra Moni Ovadia e la Basilicata. “Una terra bellissima”, l’ha definita, dove ha raccontato di aver girato un docu-film sull’arpa portativa di Viggiano, strumento che ha chiesto di non dimenticare mai, anche perché ci sono stati Viggianesi che sono andati in giro nel mondo e qualcuno di loro è diventato un grande artista d’orchestra sinfonica. Secondo il musicista e drammaturgo, inoltre, la Basilicata ha una tradizione popolare di canti, “sconvolgentemente belli” e che una delle più belle serenate che abbia mai sentito era proprio nella zona di Melfi. Ovadia, inoltre, ha raccontato di essere stato grandissimo amico di Michele Sciarillo, originario di Maschito, che aveva vissuto per molti anni a Prato, dove gestiva il Caffè del Teatro, un luogo di “mecenatismo per giovani artisti, di generosità e di amore per le persone”. A Maschito c’è un’associazione, una fondazione dedicata al suo nome e Ovadia ha annunciato la volontà di andarci, non appena possibile.

Non sono mancate anche parole di elogio per Antonio Infantino, l’esponente di maggior spicco della “world music” lucana. «Un grandissimo artista –ha detto il Maestro- originalissimo, di una forza, di un’energia .. Nel suo ambito uno dei più grandi».

(Articolo apparso su Controsenso Basilicata del 06-02-2016)

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